Pagina:Omero - L'Odissea (Romagnoli) II.djvu/52


CANTO XV 49

230per la fanciulla Nelíde, pel folle disegno fatale
che gli gittò nel seno l’Erinni terribile Diva.
Pure, sfuggí la morte, da Filaca a Pilo i mugghianti
bovi condusse, trasse vendetta dell’opera turpe
contro Nelèo divino, condusse la donna al fratello
235nella sua casa; ed egli andò presso genti straniere,
ad Argo, di cavalli nutrice: ché quivi la Sorte
volle ch’ei dimorasse, regnando fra popoli argivi.
Quivi un’Argiva sposò, costrusse un’eccelsa magione,
quivi ad Antífate e Mantio, gagliardi figliuoli, die’ vita.
240Antífate fu padre d’Eclèo magnanimo: Eclèo
diede la vita ad Amfïarao conduttore di turbe,
cui dal profondo cuore l’egïoco Giove ed Apollo
prediligevano; ma non toccò di vecchiezza le soglie;
anzi fu spento in Tebe, mercè della sposa e dei doni
245ch’ella ebbe grati. Alcmeone e Antíloco furon suoi figli:
furono figli di Mantio Polífide e Cleïto: questo
l’ebbe a rapire Aurora, la diva dall’aureo trono,
vaga di sue bellezze, perché fra i Celesti vivesse.
E Polífide, cuore magnanimo, Febo lo rese
250sommo profeta fra tutte le genti, poiché fu defunto
Anfïarao. Sdegnato col padre, questi ora abitava
in Iperèsia, dove partiva responsi a i mortali.
Figlio di questo era l’uomo che giunse a Telemaco. Il nome
era Tëoclimèno. Ristette vicino all’eroe
255che presso al negro suo naviglio libava e pregava,
ed a parlare prese con queste veloci parole:
«Caro, che in questa terra sacrifichi ai Numi, ti prego
pei sacrifici, pel dèmone al quale tu li offri, ed insieme
per il tuo capo stesso, pei tuoi compagni, tu dimmi