Pagina:Omero - L'Odissea (Romagnoli) II.djvu/51

48 ODISSEA

200qual fosse modo piú acconcio di far la promessa e serbarla.
Questo, poi ch’ebbe pensato, gli parve il partito migliore.
Volse i cavalli verso la spiaggia e la riva del mare,
trasse fuori, e posò su la poppa i bellissimi doni,
l’opere d’oro e le vesti che aveva donate l’Atríde;
205gli die’ congedo poi, parlò queste alate parole:
«Ascendi in tutta fretta la nave con tutti i compagni,
prima che a casa io sia giunto, data abbia la nuova a mio padre;
perché questa sicura certezza nell’anima ho fitta:
è veemente il suo cuore cosí, che partire in tal modo
210ei non ti lascerebbe: verrebbe a cercarti egli stesso,
né tornerebbe solo: ché troppo sarebbe il suo sdegno».
     E, cosí detto, i vaghi criniti corsieri sospinse
vêr la città dei Pilî, e giunto fu presto alla casa.
     Ed esortando i compagni, cosí Telemaco disse:
215«Apparecchiate, compagni, gli attrezzi del nero naviglio,
ed ascendiamo noi stessi la nave, per metterci in via».
     Disse: ascoltarono quelli; né furono tardi ad obbedire.
E ne la nave súbito ascesi, sedettero ai banchi.
Questo faceva; ed alzava preghiere Telemaco; e offriva
220un sacrificio ad Atena, vicino alla poppa. Ed un uomo
giunse a lui presso, straniero, che d’Argo giungeva fuggiasco
che aveva ucciso un uomo. Egli era figliuol di Melampo,
vate, che un tempo in Pilo nutrice di greggi abitava,
in una casa tutta ricchezze, su tutte opulenta;
225Poscia fra genti errò straniere, fuggendo la patria,
fuggendo il pro’ Nelèo, mirabil fra gli uomini tutti,
che le sue molte sostanze, pel volgere intero d’un anno,
gli tenne a forza. Dentro la casa di Filaco, intanto,
in duri ceppi avvinto, pativa crudeli tormenti