80«Ospite, mangia di questi porcelli, ch’è il cibo dei servi:
ché quando poi son fatti piú grossi, li mangiano i Proci,
gente che in cuore non ha riguardo, e non teme i Celesti.
Ma non è cara ai beati Celesti la gente malvagia;
ma la giustizia, ma l’opra compensan degli uomini retti. 85E quei malvagi, quegli empi che invadon le terre degli altri,
anche se Giove consente che facciano quivi gran preda,
e con le navi colme ritornino al loro paese,
sempre il loro animo opprime, tremendo, il terror del castigo.
Certo costoro sanno, l’udiron da qualche responso, 90ch’egli è miseramente perito; ed insidian la sposa,
con disonesta gara. Né voglion tornare ai lor tetti,
ma, senza alcun riguardo, d’Ulisse divorano i beni,
a cuor tranquillo, le notti, e i dì, quanti Giove ne manda:
sgozzano capi di gregge, non uno soltanto né due; 95il dolce vino, poi, lo attingon, lo bevono a fiumi;
ché nella casa d’Ulisse di grasce ce n’è senza fine:
niun degli eroi, né sul continente, né in Itaca alpestre
può pareggiarlo: neanche se insieme di venti signori
tu le sostanze pigli, non formi la sua. Stammi attento. 100Sul continente ha dodici armenti; e suoi servi e avventizi
pascono dodici branchi di porci, altre dodici greggi
di pecore: altrettante di capre ne sbandano ai paschi.
Undici greggi poi di capre, per Itaca sono
sparse, dell’isola agli orli, guardate da fidi pastori; 105e deve ognuno ai Proci recare ogni giorno un capretto,
scelto dal pingue gregge, fra tutti il piú bello e il piú grasso.
Io finalmente son qui, guardiano dei porci e custode,
e sceglier devo, e ai Proci mandare il migliore ogni giorno».
Cosí parlava. E Ulisse cibava le carni, beveva