320Cosí parlava. E tutti rimasero senza parola.
Infine disse cosí di Demòstore il figlio Agelao:
«Amici, agli ha parlato ben giuste parole. Nessuno
voglia però sdegnarsi, né dar vïolenta risposta.
E non vogliate piú maltrattar lo straniero, né alcuno 325dei famigliari, dentro la casa d’Ulisse divino.
Questo amichevol consiglio vo’ poscia a Telemaco dare.
Finché nel petto il cuore tuttor ci nutria la speranza
che ritornare Ulisse lo scaltro potesse al suo tetto,
niun vi potea biasimare che voi l’attendeste, che in casa 330teneste a bada i Proci: ché questo di certo era il meglio,
se quivi giunto Ulisse, se fosse tornato al suo tetto.
Ma questo ora è ben chiaro, che invano s’attende ch’ei torni.
Su via, dunque, a tua madre presèntati, e dàlle il consiglio
che sposi chi migliore le sembra, e piú doni le rechi: 335sí che tu lieto possa goder tutti i beni paterni,
mangiare e bere; ed ella si rechi alla casa d’un altro».
E a lui queste parole rispose Telemaco scaltro:
«No, pei Numi, Agelao, pei travagli d’Ulisse mio padre
ch’è morto, forse, oppure lontano va d’Itaca errando, 340non mi frappongo già che sposi mia madre: la esorto
anzi, che sposi chi vuole: profferta d’innumeri doni
anzi le faccio; ma via mal suo grado cacciarla di casa,
con duri detti, n’ho reverenza: che Dio non lo voglia».
Cosí disse Telemaco. E Pallade Atena fra i Proci 345inestinguibil riso destò, ne sconvolse le menti.
Si dirompevano già per le risa via via le mascelle,
le carni ancora intrise di sangue ingollavano; e gli occhi
gonfi di lagrime aveano: ché in cor presentivano il lutto.
E a lor cosí parlò Teoclímeno mente divina: