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CANTO XIX | 145 |
590gli uomini: ché segnato per gli uomini vollero i Numi
per ogni cosa il tempo sul fertile suol della terra.
Dunque, ora io salirò nell’alte mie stanze, e sul letto
mi getterò, che per me divenuto è giaciglio d’ambascia,
sempre del pianto mio bagnato dal giorno che Ulisse
595partí per Ilio infesto — disperso ne vada anche il nome!
E quivi io giacerò. Tu pur dormi sotto il mio tetto,
o steso a terra; oppure le ancelle ti apprestino un letto».
Cosí detto salí nell’alte sue stanze fulgenti,
sola non già, che insieme movevan con lei le fantesche.
600Ed essa con le ancelle salita nell’alte sue stanze,
piangeva Ulisse, il caro suo sposo, finché su le ciglia
Atena, Dea dagli occhi cilestri, sopore le infuse.