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PREFAZIONE IX

Eppure, se si osserva a fondo, questa disposizione concorre come nessun'altra potrebbe alla piena efficacia del poema.

Prima di tutto, Ulisse è l’eroe simpatico, e il lettore deve approvare la implacabile strage da lui compiuta. Dunque bisogna convincerlo della protervia, della perfidia dei proci: e a questo sono essenzialmente rivolti i primi canti. Dopo il brevissimo prologo in Olimpo, il primo quadro che ci appare sulla terra, è quello dei Proci. Atena balza dall’Olimpo ad Itaca:

E trovò dunque i Proci magnifici. Stavano appunto
lí, dinanzi alla porta, godendosi al giuoco dei dadi,
seduti sopra pelli di bovi che avevano uccisi.

Ed i primi due canti sono tutti dedicati alla pittura delle loro soperchierie; e dopo il viaggio di Telemaco, quando, alla fine del quarto canto, si avvicina la comparsa d’Ulisse, ad essi torna il poeta, alla trama odiosa che essi tendono contro il figlio dell’eroe.

— Ma non poteva il poeta rimandare una simile pittura al ritorno d’Ulisse in patria; e cominciare il poema senz'altro con le avventure dell’eroe principale?

— Certo poteva; ma in linea artistica sarebbe stato grave errore. A metà dramma, a metà romanzo, non s’impianta una situazione nuova. Ad un certo punto, nulla dev'essere piú statico, anzi tutto dinamico. Tutto deve senza inciampi correre alla fine. Si possono riprendere tèmi già proposti, ma per tèmi nuovi non c'è piú posto. E Omero, infatti, riprende e svolge maestrevolmente le scene di soperchieria dei proci; ma che inciampo, che raffreddamento, se avesse dovuto incominciare a descrivere qui le condizioni d’Itaca! Invece, dopo la

Omero. I - "