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PREFAZIONE LVII


Meglio questo, che un letto di porpora. E Ulisse rifiuta il letto regolare che gli vorrebbero ammannire le ancelle di Penelope

Ma quegli, come uom troppo tapino ed avvezzo ai travagli,
dormir fra le coperte del letto non volle; e nell’atrio
sopra una pelle di bue non concia dormí, sopra velli
di pecora.

Ed anche piú c’è questo intimo senso di piacere nella descrizione del rifugio che Ulisse trova quando approda naufrago all’isola Scheria. Un ulivo ed un oleastro hanno intrecciati i loro rami cosí fitti da impedire l’accesso al sole ai venti alla pioggia. Dentro, mucchi enormi di foglie asciutte.

Molto fu lieto Ulisse divino quando egli la vide,
si rannicchiò là nel mezzo, si ricoprí tutto di foglie.
Come chi senza vicini soggiorna all’estremo d’un campo,
suole celare sotto la cenere negra uno stizzo,
per conservare il seme del fuoco: cosí tra le foglie
restò nascosto Ulisse.

E ancora, sentite che brivido di voluttà corre pei versi, quando si ricordano, pure accennate, le notti d’amore entro la morbidezza e la fragranza di alcove divine, mentre fuori rugge la tempesta e fischia il temporale?

E come tutto all’improvviso si anima, si arricchisce di colori, si moltiplica di particolari, nelle pitture di mezzo carattere: nelle scene della capanna d’Eumèo, nell’incontro col capraro Melanzio, nel pugilato con l’accattone Iro!

E quanta precisione e che amore, quando Ulisse costruisce