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PREFAZIONE XLIII


Ora, tutta la spiaggia siciliana di fronte a Scilla, dal Faro sino alla Grotta, ribolle di grandi risucchi. Qualche scoglio appare sotto l’acqua chiara. Uno si distingue fra essi, tra il Capo del Faro e la Punta sottile, di fronte a Scilla, al Capo Peloro. I marinai lo chiamano ancora Cariddi. La sua testa emerge appena, a qualche metro dalla riva, a Sud del Faro. È lo scoglio basso d’Omero.

E il confronto si può approfondire. Omero dice che

                                                                      la diva Cariddi
con gran frastuono l’acque salmastre del mare inghiottiva.
Quando vomíale, come caldaia sovresso un gran fuoco,
tutta con gran turbinio gorgogliava; e su alto la schiuma,
sino all’eccelsa vetta d’entrambe le rupi scagliava;
ma quando l’acque poi salmastre di nuovo inghiottiva,
tutta al di dentro appariva sconvolta; e la roccia d’intorno
levava orrido mugghio, la terra nel fondo appariva
bruna di sabbia.

Ed ecco come Spallanzani descrive il risucchio: «una specie di circolo che aveva al massimo cento piedi di circonferenza, dove l’acqua bolliva, si alzava, si abbassava, cozzava senza produrre turbine».

Il Bérard vuole spingere la coincidenza anche oltre, citando gli idrografi italiani, i quali dicono che la corrente Nord parte dal fondo, e reca alla superficie erbe e rimasugli vegetali. Questo potrebbe aver suggerito al poeta l’immagine del vortice che restituisce le cose ingoiate.

Ma è inutile insistere sui particolari. Non c’è bisogno, anche una volta, della coincidenza perfetta; ed è indiscutibile che anche qui la configurazione geografica è tale da aver potuto