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PREFAZIONE XLI

Mai nave d’uomini alcuna fu salva, che quivi giungesse
anzi le travi dei legni, confuse degli uomini ai corpi
alti marosi trascinano, e d’orrido fuoco procelle.

Siccome Scilla è in fondo alla costa calabra, e le Rupi vaganti devono esserle di contro, siamo di nuovo ricondotti alle isole Eolie. E l’isola Salina, coi suoi due picchi caratteristici (Monte dei Porri, m. 860, e Monte Fossa delle Felci, m. 962), che da lontano sembrano due isole distinte, ed in origine erano vulcani spenti, sarà certo tutta una cosa con le Rupi erranti di Omero. Anche in tempi storici si hanno ricordi di cataclismi avvenuti nelle sue acque; e le procelle di fuoco di cui parla Omero sono certo i ruscelli di lava che dalle cime dei monti precipitavano nel mare. E come per Stromboli, la leggenda del loro errare sarà nata dalle zone di pomici che dopo qualche eruzione avranno a lungo fluttuato intorno all’isola.

Scilla e Cariddi. Qui poggiamo sopra un terreno sicuro.

Ecco la Scilla d’Omero:

Poi due rupi vi sono, che il cielo infinito una attinge
con l’aspro vertice, e tutta la cinge una nuvola azzurra,
che non si dissipa mai; né mai su quel culmine eccelso,
sia pure estate, autunno pur sia, fulge l’aria serena.
Né vi potrebbe un uomo salire né scendere mai,
neppur se venti mani, se pur venti piedi egli avesse:
perché liscia è la pietra cosí come fosse raschiata.
Nel mezzo della rupe, vaneggia una fosca spelonca.

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Abita quivi Scilla, che terribilmente schiamazza:

è la sua voce come di cane spoppato di fresco.

La moderna rupe di Scilla, per quanto la sua punta sia stata abbattuta dal terremoto del 1783, corrisponde punto per punto