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200 ODISSEA

500negri pioppi giganti, piangenti sterili salici.
Qui sui profondi gorghi d’Ocèano ferma la nave,
e tu stesso sprofonda nell’umida casa d’Averno.
Nell’Acherònte qui Piriflegetonte si versa,
Cocito qui, ch’è ramo divelto dall’acque di Stige:
505sotto una rupe insieme s’incontrano i fiumi mugghianti.
A questa rupe apprèssati, Ulisse, e fa’ ciò ch’io dico.
Scava una fossa che un braccio misuri per lungo e per largo,
e spargi a terra qui libagioni per tutti i defunti,
una di latte e di miele, un’altra di vino soave,
510ed una terza d’acqua, cospargivi bianca farina.
Supplica quindi le fatue parvenze dei morti, e prometti
che, ritornato in patria, tu ad essi una intatta giovenca
immolerai, la piú bella, di doni colmando la pira.
Ed a Tiresia, a parte, prometti che un pecoro nero
515immolerai, per lui solo, di tutta la gregge il piú bello
Poi, quando avrai le preci rivolte alle genti dei morti,
immola qui due pecore negre, una femmina e un maschio,
che con la fronte siano rivolti all’Èrebo. Indietro
tu torna allora, di nuovo rivolgiti al fiume corrente.
520E molte anime qui venire vedrai di defunti.
Vòlgiti allora ai compagni, dà l’ordine ad essi che, prese
le vittime giacenti, sgozzate dal lucido bronzo,
l’ardano, dopo scoiate, e invochino i Numi d’Averno,
Ade possente, e Persèfone ignara di teneri sensi.
525Sfodera poi dal fianco gagliardo l’aguzza tua spada,
piàntati lí, non lasciare le fatue parvenze dei morti
avvicinarsi al sangue, se prima Tiresia non parli.
Inclito Ulisse, e infine verrà l’indovino di Tebe,