E allora Ulisse queste parole volgeva al sovrano:
«O tu, potente Alcinoo, preclaro fra tutte le genti, 380tu ti vantasti che i tuoi vincevano tutti alla danza:
e questo era pur vero: contemplo, e stupore m’invade»
Cosí disse: e fu lieta la forza d’Alcinoo divina;
ed ai Feaci queste parole improvvise rivolse:
«Uditemi ora, o prenci Feaci che il popol guidate: 385l’ospite nostro senno mi pare che molto dimostri.
Diamogli dunque, come conviene, un ricordo ospitale.
Dodici principi insigni son guida alla gente Feacia;
sono signori; ed io fra loro son decimo e terzo.
Allo straniero ognun d’essi donare dovrebbe un mantello 390ed una tunica bella, e d’oro saggiato un talento.
Ora, su via, tutti insieme rechiamoli, e l’ospite possa
prenderli tutti, e lieto nel cuore, recarsi alla cena.
E a lui qualche parola Eurialo volga di scusa,
e gli offra un dono; ché prima non ha favellato da saggio». 395Cosí disse. I suoi detti lodarono gli altri; e un araldo
alla sua casa spedí ciascuno, che un dono recasse.
Ed Eurialo ad Alcinoo rivolse cosí la parola:
«Fulgido Alcinoo, signore chiarissimo, all’ospite nostro
rivolgerò, come tu domandi, parole di scusa, 400e gli darò, foggiata nel bronzo una spada, con l’elsa
d’argento, e la guaina d’avorio, da poco segata,
tutta la stringe attorno. Terrà molto caro tal dono».
Disse; e la spada, tutta segnata di borchie d’argento,
diede ad Ulisse, e queste parole veloci gli volse: 405«Ospite padre, salute! Se qualche parola è sfuggita
aspra, la possano tosto ghermire e rapir le procelle.