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CANTO VI | 111 |
Dunque, il tenace Ulisse divino qui sotto giaceva,
dalla stanchezza, dal sonno prostrato. E la figlia di Giove
mosse frattanto, e cercò la città dei Feaci e le genti.
Questi abitavano un tempo d’Ipèria la vasta contrada
5che coi Ciclòpi confina, progenie selvaggia e feroce
che li struggevano, ed erano assai piú gagliardi di loro.
Quindi partire li fece Nausíto, progenie divina,
e nella Scheria li addusse, lontano da tutte le genti,
e la città circondò di mura, v’estrusse le case,
10templi ai Celesti innalzò, divise fra gli uomini i campi.
Ma, dalla Parca domato, già quello disceso era all’Orco:
regnava adesso Alcinoo, pensiero ispirato dai Numi.
Nella sua casa entrò la Diva occhicerula Atena,
per provvedere al ritorno d’Ulisse magnanimo cuore;
15e s’avviò verso il fulgido talamo, dove dormiva
una fanciulla uguale, per indole e aspetto, alle Dive.
Era Nausica, la figlia d’Alcinoo magnanimo cuore:
e presso lei due serventi, soffuse di grazia, ai due lati
stavan dell’uscio; e tuttora chiuse eran le fulgide imposte.