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e venire di uomini, di donne e di bambini dal fiume alla riva, dai canali in casa, dai ponti sui barconi; uno spettacolo vario e mobile; per tutto acqua, colori, cose piccine, forme fanciullesche, tutto lustro e fresco, un’ostentazione ingenua di leggiadria, un misto di primitivo e di teatrale, di gentile e di ridicolo, un po’ chinese, un po’ europeo, un po’ di nessun paese; con un’aria beata di pace e d’innocenza.

Così mi apparì per la prima volta Dordrecht, una delle più vecchie, e insieme delle più fresche e allegre città dell’Olanda; regina del commercio olandese nel medio evo; madre feconda di pittori e di dotti; onorata dalla prima assemblea dei deputati delle Provincie unite nell’anno 1572; sede in vari tempi di sinodi memorabili; e particolarmente famosa per quell’assemblea dei teologi protestanti del 1618, che fu come il Concilio Ecumenico della Riforma, e definì la terribile controversia religiosa tra Arminiani e Gomaristi, fissando la forma della religione nazionale, e dando principio a quella serie di torbidi e di persecuzioni, che finì col malaugurato supplizio del Barnewelt e il sanguinoso trionfo di Maurizio d’Orange. Dordrecht è ancora presentemente una delle più floride città commerciali delle Provincie unite per la sua agevolissima comunicazione col mare, col Belgio e coll’interno dell’Olanda. A Dordrecht arrivano le immense provvigioni di legna che scendono per il Reno dalla Foresta Nera e dalla Svizzera, i vini del Reno, la calce, i cementi, le pietre; nel suo piccolo porto è un via vai continuo