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DA GRONINGA AD ARNHEIM 477


Qui lo spettacolo cangia. Si fiancheggia la terra abitata dagli antichi Sassoni, la Veluwe, una regione sabbiosa che si stende fra il Reno, l’Yssel, e il Zuiderzee, dove non sono che pochi villaggi perduti in mezzo a vaste lande ondulate come un mare in tempesta. Fin dove giunge lo sguardo, non sono che colline aride, le più lontane velate da una nebbia azzurrina, le altre, parte vestite dei colori cupi della vegetazione selvatica, parte biancastre delle loro sabbie mobili, che il vento spande sulla faccia del paese. Non si vedono nè alberi nè case; tutto è solitario, nudo, sinistro, come in una steppa della Tartaria; e il pauroso silenzio di questa solitudine, non è rotto che dal canto dell’allodola e dal ronzìo delle api. Pure in alcune parti di questa regione, gli Olandesi sono riusciti col loro paziente coraggio e a prezzo d’infinite fatiche, a far crescere il pino, il faggio, la quercia; a formare bei parchi, a creare boschi interi, a coprire di piante utili, in meno di trent’anni, più di diecimila ettari di terreno; a far sorgere dei villaggi popolosi e floridi dove non c’era nè legno, nè pietre, nè acqua e i primi coltivatori dovevan vivere in tane scavate nella terra, e coperte colle glebe.


La strada passa accanto alla città di Zutphen e arriva in breve ad Arnhem, la capitale della Gheldria, città illustre e gentile, posta sulla riva destra del Reno, in una regione coperta di belle colline, che le valsero il nome di Svizzera olandese, e abi-