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groninga. 469

sono infiorate, rinfronzolite, ingioiellate, come le madonne delle chiese spagnole. Terminate le loro faccende, si spandono per le trattorie e per le botteghe, non già come i nostri contadini, che guardano qua e là timidamente coll’aria di chiedere il permesso d’entrare; ma con viso e piglio di gente che sa di essere da per tutto desiderata e inchinata. Nelle trattorie, le tavole si colarono di bottiglie di vino di Bordeaux e di vino del Reno; nelle botteghe, i fattorini si sbracciano a tirar giù roba. Le contadine vi son ricevute come principesse e vi spendono infatti principescamente. Seguono, per esempio, di queste scene, che intesi raccontare da testimoni oculari. Un mercante dice a una signora di città il prezzo d’una veste di seta. — Troppo caro, — risponde la signora. — La piglio io; — dice una contadina che le è accanto, e se la piglia. Un’altra contadina va a comprare un pianoforte. Il negoziante glie ne fa veder uno che costa mille lire. — Non ne avrebbe di più cari? — essa domanda; — dei pianoforti di mille lire ne hanno anche le mie amiche. — Marito e moglie passano dinanzi alla vetrina di un venditore di stampe, vedono un bel paesaggio a olio colla cornice d’oro, si fermano, vi scoprono una vaga rassomiglianza colla loro casa e il loro podere; la moglie dice: — Compriamolo? — il marito risponde: — Compriamolo! — entrano nella bottega, mettono sul banco trecento fiorini l’un sull’altro, e si portan via il quadro. Quando hanno fatto le loro compre, vanno a vedere