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delle brave bottiglie di Champagne. Un contadino che possegga un capitale di centomila lire non passa punto per ricco, poichè sono moltissimi quei che ne possedono duecento mila, trecento mila, un mezzo milione, ed anche molto di più.

Il carattere di questi contadini (e quello che si dice dei contadini si può dire di tutti i Frisoni) è per testimonianza universale ed antica, maschio, aperto, generoso. — Che peccato che non siate un Frisone! — dicono a una persona che stimano. Sono alteri della nobiltà della loro razza, che credono la prima della grande famiglia germanica, e si vantano d’essere il solo popolo di quella famiglia, che abbia conservato il suo nome dopo i tempi di Tacito. Molti credono ancora che il loro paese sia stato chiamato Frisia da Frisio, figliuolo di Alano, fratello di Mesa, nipote di Sem, e s’inorgogliscono di quest’origine antica. L’amore della libertà è il loro sentimento dominante. «I Frisoni, — dice il loro vecchio codice, — saranno liberi fin che i venti soffieranno nelle nuvole e fin che durerà il mondo.» È la Frisia, infatti, che manda al Parlamento i deputati più arditi della parte liberale. La popolazione è quasi tutta protestante, e gelosissima della sua fede, e non meno che della fede, della lingua, illustrata da un grande poeta popolare, e coltivata tuttora con grande amore. Il contadino in particolare, dice il Laveleye, cita con alterezza gli uomini illustri che nacquero sotto l’hiem frisone, i due poeti Gisberto Japhis e Salverda, il filologo Tiberio Hem-