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FRISIA. 427

stringendo il capo come un casco di guerriero antico. Un po’ più oltre, s’affacciarono altre donne, quali col casco d’argento, quali col casco d’oro. Il battaglione svoltò in una delle strade principali, e allora su tutte le porte, a tutte le finestre, agli svolti delle strade, sulle soglie delle botteghe, dietro le cancellate dei giardini, comparirono caschi d’oro e d’argento, grandi e piccini, con velo e senza velo, tersi e sfolgoranti come celate d’armeria; mamme in mezzo a una nidiata di ragazzine, tutte col casco; vecchie cadenti, col casco; serve colla casseruola in mano, col casco; signorine che s’erano alzate allora dal pianoforte, col casco; Leuwarde pareva una immensa caserma di corazzieri sbarbati, una metropoli di regine spodestate, una città dove tutta la popolazione si preparasse ad una grande mascherata medioevale. Non posso dire lo stupore e il piacere che provavo dinanzi a quello spettacolo. Ogni nuovo casco che vedevo, mi pareva il primo, ridevo, e mi pareva che il capo tamburo, le guardie civiche e i monelli che avevo intorno, dovessero riderne con me. Tutti quei caschi coloravano di riflessi dorati e argentati i vetri delle finestre e le imposte inverniciate; brillavano confusamente nel buio delle stanze semi-aperte del pian terreno; apparivano e sparivano lampeggiando dietro le tendine trasparenti e i fiori dei davanzali. Passando accanto alle ragazze ritte sul marciapiedi della strada, rallentavo il passo, e vedevo riflessi sulle loro teste gli alberi, le botteghe, le finestre, il cielo, le guardie civiche, il mio