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426 FRISIA.

giornata, le donne sarebbero probabilmente rimaste tappate in casa, io avrei dovuto aspettare fino alla mattina dopo, e l’impazienza mi divorava. Per fortuna mi venne una di quelle idee luminose che nelle grandi occasioni sbocciano anche nei cervelli più piccoli. Vedendo passare un musicante della guardia civica, col pennacchio in capo e la tromba sotto il braccio, mi ricordai ch’era l’anniversario della nascita del Re di Olanda, pensai che si dovesse radunare la banda musicale, che questa banda avrebbe percorso la città, che dove sarebbe passata tutte le donne avrebbero fatto capolino, e che perciò, mettendomi accanto al capo-banda come i monelli che accompagnano i reggimenti agli esercizi, avrei veduto quanto volevo. Dissi a me stesso: — Bravo! — e canterellando l’arietta «Che invenzione prelibata» del Barbiere di Siviglia, seguii il musicante. Arrivammo nella gran piazza dove la guardia civica s’andava raccogliendo intrepidamente sotto una pioggia dirotta, in mezzo a un centinaio di curiosi; in pochi minuti, il battaglione fu ordinato; il maggiore gettò un grido stridulo; la banda diede fiato agli strumenti; la colonna si mosse verso il centro della città. Io camminavo accanto al capo tamburo, ed ero beato.

S’aprirono le finestre delle prime case, e si affacciarono alcune donne colla testa tutta luccicante d’argento, come se fossero elmate; ed avevano infatti due larghe lastre d’argento che nascondevano affatto i capelli e coprivano una parte della fronte