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da larghi canali, e fiancheggiate da case straordinariamente piccine, colorite di rosa, di lilla, di cenerino, di verde chiaro, di tutti i colori di Broeck. I canali interni si congiungono con canali esteriori, i quali si stendono lungo i bastioni della città, e si collegano alla loro vòlta con altri canali, che conducono ai villaggi e alle città vicine. Vi sono piazze e crocicchi da grande città, che paiono anche più vasti per la piccolezza delle case, in moltissime delle quali le finestre sono a un palmo da terra e toccano quasi il tetto colla parte superiore. Per lunghi tratti di strada, se si ammucchiassero tutte insieme le case, non si formerebbe un edifizio di grandezza ordinaria. Pare una città antichissima, primitiva, fondata da un popolo di pescatori e di pastori, e a poco a poco ristaurata, dipinta, ingentilita. Ma nonostante i bei ponti, le botteghe ricche, le finestre adorne, il suo aspetto generale ha qualcosa di così esotico per un europeo del mezzogiorno, da fargli parer strano che gli abitanti portino il soprabito e il cappello cilindrico come noi. Di tutte le città della Neerlandia è quella in cui un italiano si sente più lontano dal suo paese. Le strade erano deserte, tutte le porte chiuse: mi pareva di girare per una città abbandonata e sconosciuta, che avessi scoperta io. Guardavo quelle strane casette e dicevo tra me, meravigliandomi, che pure là dentro ci dovevano essere delle signore eleganti, dei pianoforti, dei libri che anch’io avevo letti, delle carte geografiche d’Italia, delle fotografie di Firenze e di Roma.