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400 HELDER.

fecero vela verso l’Olanda, dove arrivarono sani e salvi il 29 ottobre del 1597, tre mesi dopo la partenza dalla capanna. Così finì l’ultima impresa tentata dagli Olandesi per aprire una nuova via al commercio colle Indie a traverso i mari del polo. Quasi tre secoli dopo, nel 1870, il capitano d’un bastimento svedese, cacciato dalla tempesta sulla costa della Nuova Zembla, vi ritrovava la carcassa di un naviglio e una capanna con dentro due caldaie, un pendolo, una canna di fucile, una spada, un’accetta, un flauto, una bibbia, alcune casse riempite di utensili e dei brandelli di vestimenta putrefatte. Questi oggetti, riconosciuti dagli Olandesi come appartenenti ai marinai del Barendz e dell’Heemskerke, furono portati in trionfo all’Aja ed esposti come reliquie sacre nel Museo di Marina.


Con tutte queste immagini nella mente, la sera, dall’alto della gran diga di Helder, al lume della luna che ora si nascondeva bruscamente dietro le nuvole, ora si mostrava all’improvviso in tutta la sua luce, io non potevo saziarmi di guardare la riva sabbiosa di quell’isola di Texel e quel gran mare del Nord, che non ha più altri confini da quel lato che i ghiacci eterni del polo; il mare che gli antichi credevano la fine dell’universo: illum usque tantum natura, come dice Tacito; il mare su cui apparirono nei giorni di grande tempesta le forme gigantesche delle divinità germaniche; e spaziando cogli occhi su quel piano immenso e sinistro, non sapevo