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cune fu determinata un’ora della notte, oltre la quale le botteghe debbano esser chiuse; in altre si allontanarono le baracche dal centro della città; il Municipio d’Amsterdam ha stabilito un certo numero d’anni, trascorsi i quali, la Sibari provvisoria in cui si fanno le feste, non potrà più essere rifabbricata. Si può dunque affermare che fra un non lunghissimo tempo, queste famose kermesses saranno ridotte a un allegro e temperato carnevale, con grandissimo vantaggio della moralità pubblica e della dignità nazionale.

Non in tutte le città olandesi, però, le kermesses sono clamorose e scandalose allo stesso grado. All’Aja, per esempio, lo sono molto meno che ad Amsterdam e a Rotterdam; e m’immagino (perchè non vi stetti la notte) che ad Alkmaar lo siano ancora meno che all’Aja; ciò che per altro non vuol dire che debbano essere un fior di decenza.

La piazza dov’ero riuscito era piena di baracche variopinte, sulla porta delle quali si sbracciavano a sonare e si sgolavano a chiamar gente, saltimbanchi vestiti di maglia carnicina e danzatrici di corda in sottanelle. Davanti ad ogni baracca v’era una folla di curiosi, da cui di tratto in tratto si staccavano due o tre contadini per entrare a veder lo spettacolo. Io non ricordo d’aver mai visto gente più semplice, più mansueta e di più facile contentatura di quella. Tra una sonata e l’altra, un ragazzo di dieci anni, vestito da pagliaccio, ritto sur una specie di palcoscenico accanto alla porta, ba-