Pagina:Olanda.djvu/384

372 ALKMAAR.

pietra, congiunto al muro delle case, sul quale non bisogna mettere il piede, per non essere guardati con occhi di falco dalla gente affacciata alle finestre. Molte case sono imbiancate, non saprei dire perchè, forse per vezzo, soltanto fino a metà; parecchie sono tinte di nero che paiono parate a lutto; altre sono inverniciate come carrozze dal tetto al marciapiede. Le finestre essendo molto basse, si vedono a traverso i tulipani e i giacinti bellissimi che adornano i davanzali, i salotti smaglianti di specchi e di porcellane, e le famiglie raccolte intorno a tavolini coperti di bicchieri di birra, di portaliquori, di biscotti, di scatole di sigari. Per lunghi tratti di strada non s’incontra nessuno; e cosa strana in una città di più di diecimila abitanti, la poca gente, uomini, donne e ragazzi, che passano o che stan sugli usci, salutano cortesemente gli stranieri. Mi passò accanto un drappello di collegiali, condotti da un istitutore; questi fece un cenno, e tutti si levarono il berretto; e sì che io ero tutt’altro che vestito in modo da passare per un pezzo grosso. La città non ha altri monumenti notevoli che la casa municipale, edifizio del secolo decimosettimo, mezzo di stile gotico e mezzo di nessuno stile, che arieggia, in piccino, quello di Bruxelles; e la gran chiesa di San Lorenzo, della stessa epoca, nella quale è la tomba del conte Florenzio V di Olanda, e spenzola sopra il coro, a guisa di lampadario, un fac-simile del vascello-ammiraglio del Ruyter. A oriente della città c’è un folto bosco che