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il continente fino ad Odessa, rifacendo all’indietro, passo a passo, la strada che avean percorsa le grandi invasioni germaniche. Col latte di questi animali si fa quello squisito formaggio chiamato d’Edam, città della Nord-Olanda, alla cui fama è angusto il mondo. Nei giorni di mercato tutte le città di questa provincia riboccano di quelle belle forme rossiccie, ammontate come palle di cannone per le strade e per le piazze, e mostrate allo straniero con un sentimento d’orgoglio nazionale. Alkmaar ne vende in un anno più di quattro milioni di chilogrammi, Horn tre milioni, Purmerende due, Medenblick e Enkhuisen da settecento a ottocento mila, tutta la Nord-Olanda per più di quindici milioni di lire. Tutte queste cose faranno sorridere qualche poeta e qualche signorina; e capisco anch’io che suonerebbero male in un sonetto; ma non sono per questo men belle, men buone e meno invidiabili cose.


Mentre il bastimento s’avvicinava alla città, io andavo solleticando, come sempre, la mia curiosità, col richiamarmi alla memoria quanto sapevo intorno ad Alkmaar; ben lontano, poveretto, dal prevedere in che brutto impiccio mi sarei trovato fra le sue mura. Me la raffiguravo distrutta da Giovanni di Avesnes, conte di Olanda, in castigo delle sue ribellioni. Seguitavo il coraggioso falegname, che attraversa il campo degli Spagnuoli, va a portare al governatore della provincia l’ordine del principe d’Orange di rompere le dighe, e perde poi la risposta del gover-