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358 | ZAANDAM. |
mi liberai da un drappello di ciceroni, e in pochi minuti percorsi le strade principali.
Zaandam è un grande Broek, meno puerile è più bello del Broek piccino.
Le case sono di legno, d’un solo piano, colla facciata a punta, e quasi tutte colorite di verde. Vi sono strade intere, nelle quali non si vede altro colore, che paiono strade d’una città fatta di bosso e di mortella. Come a Broek, i coppi dei tetti sono inverniciati, le finestre ornate di tendine e di fiori, le strade ammattonate e pulite come il pavimento d’una sala. Nei vetri, nelle lastre d’ottone delle porte, negli oggetti esposti sui davanzali, da qualunque parte si guardi, si vede riflessa la propria immagine. Tutta la città spira un’aria d’allegria, di freschezza e d’innocenza, che innamora. È una città ricca e popolosa, e sembra un piccolo villaggio. Ha tutti i tratti propri delle città olandesi, ed insieme un non so che aspetto nuovo ed esotico, che la fa parere immensamente lontana da tutte le altre.
Essendo giorno di festa, le strade principali eran piene di gente che andava o tornava di chiesa. La prima cosa che mi colpì fu l’acconciatura del capo delle donne. Portano, sotto un cappello coperto di fiori, una specie di cuffia di trina, che scende fin sulle spalle, dalla quale escono di qua e di là dalla fronte due nodi di capelli arricciolati e stretti che paion ciocche di chicchi d’uva. Il cerchio d’oro o d’argento, che stringe la testa, e luccica attraverso la trina di codesta cuffia, termina sulle tempie in