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ZAANDAM. 357

m’imbarcò lo stesso giorno per Alkmaar, la metropoli dei formaggi, e mi diede la stessa sera un biglietto di seconda classe per Helder, la Gibilterra del nord.

Zaandam, vista dal golfo dell’Y, presenta l’aspetto d’una fortezza coronata di torri innumerevoli, dall’alto delle quali i cittadini chiedano soccorso, con segnali affrettati, a un esercito lontano. Son centinaia di mulini altissimi che si alzano fra le case, sulle dighe, lungo la spiaggia, per tutta la campagna circostante alla città; una parte dei quali lavorano al prosciugamento delle terre, altri a far l’olio di colza, che è una delle più importanti materie di commercio di Zaandam; altri a ridurre in polvere una specie di tufo vulcanico portato dal Reno, che serve a comporre un cemento particolare per le opere idrauliche; altri a segar legna, a mondar orzo, a macinar colori, a fabbricar carta, mostarda, smalto, corde, amido, paste. La città non si vede che pochi minuti prima d’entrare nel porto.

È una vera veduta da scenario di ballo pastorale.

La città è fabbricata lungo le due rive d’un fiume, chiamato Zaan, che si versa nell’Y, e intorno a un piccolo seno formato dall’Y medesimo, che le serve di porto. Le due parti eguali in cui rimane divisa la città, sono congiunte da un ponte, che s’alza per dar passo ai bastimenti. Intorno al porto non ci sono che poche strade e poche case; la parte principale di Zaandam si stende lungo le rive dello Zaan.

Il piroscafo s’avvicinò fino a toccar la riva: scesi,