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BROEK. 355

Prima d’entrare bisogna pulirsi le scarpe a una stuoia distesa davanti alla porta, e se non lo fate, vi pregano di farlo. Il pavimento delle stalle è di mattoni di vario colore, nitidi da poterci passare sopra la mano; le pareti son rivestite di legno di abete; le finestre sono ornate di tende di mossolina e di vasi di fiori; le mangiatoie son dipinte; le vacche sono strigliate, pettinate, lavate, e perchè non s’insudicino hanno la coda tenuta su da un cordoncino legato a un chiodo del soffitto; un rigagnolo che attraversa la stalla, porta via continuamente le immondizie; fuor che tra i piedi delle bestie, non si vede un fuscello, nè una macchia; e l’aria è così purgata, che a occhi chiusi si crederebbe di essere in un salotto. Le camere dei contadini, le stanze dove si fa il formaggio, i cortili, i bugigattoli, tutto è netto e luccicante ad un modo.

Prima di partire per Amsterdam feci ancora un giro per il villaggio badando a nascondere il sigaro quando qualche donna dal diadema d’oro mi guardava dalla finestra; passai su due o tre ponti bianchi, toccai col piede qualche barchetta, mi trattenni un po’ dinanzi alle casine più variopinte; e poi, non vedendo comparire anima viva nè per le strade nè dentro ai giardini, ripresi la mia via solitaria in groppa al cavallo di san Francesco, con quel sentimento di tristezza che lascian nel cuore tutte le grandi curiosità soddisfatte.