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352 BROEK.

dri che presentano figure diverse, secondo da che parte si guardano; armadi pieni di centinaia di ninnoli; ornamenti senza nome, decorazioni senza senso, un ingombro, un lucicchío, una dissonanza di colori, un cattivo gusto così innocentemente spietato, che è un piacere e un dispetto a vedersi. Ma tutte queste stravaganze sono di gran lunga superate dal giardino. Qui si vedono ponti messi per mostra sopra rigagnoli larghi un palmo, grotte e cascatelle da presepio, chiesette rustiche, templi greci, chioschi chinesi, pagodi indiani, statue dipinte, piccoli fantocci colle mani e i piedi dorati che balzano fuori dai panieri di fiori, automi di grandezza naturale che fumano e che filano, armadi che s’aprono al tocco d’un ordigno, e lascian vedere una comitiva di burattini seduti a tavola, bacinetti dove nuotano cigni e oche di zinco, aiuole coperte di un mosaico di conchiglie, con un bel vaso di porcellana nel mezzo; alberi che rappresentano figure umane, cespugli di bosso tagliati in forma di campanili, di chiesuole, di navi, di chimere, di pavoni che fan la ruota e di bambini che allargan le braccia; sentieri, capanni, siepi, fiori, piante, tutto scontorto, manierato, tormentato, imbastardito, stravolto. E così erano nei tempi andati tutte le case e tutti i giardini di Broek. Ma ora non solamente l’aspetto del villaggio, anche la popolazione è in gran parte mutata. Broek era chiamato altre volte il villaggio dei milionarii, perchè quasi tutti i suoi abitanti erano negozianti ricchissimi, che si raccoglievan là per amore