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BROEK. 347

deserti, tutte le barchette immobili. Il villaggio è costruito in maniera che in nessun punto si vedono più di quattro o cinque case; e via via che si va innanzi, una si nasconde, un’altra fa capolino, una terza balza fuori tutta intera; e da tutte le parti, in mezzo ai tronchi degli alberi, appariscono e spariscono striscie e tocchi di colori vivissimi, come di una frotta di maschere sparpagliate che facciano a rimpiattino. A ogni passo si scopre un nuovo piccolo prospetto da palcoscenico, una nuova combinazione strana di colori, un nuovo capriccio, una nuova ridicolaggine. Par che da un momento all’altro debba uscire da tutte quelle porte un popoletto d’automi coi piatti turchi e i tamburelli fra le mani, come quei che si muovono sugli organetti. Con cinquanta passi si gira intorno a una casa, si passa un ponte, si attraversa un giardino, si percorre una strada e si ritorna nel luogo di prima. Un bambino vi pare un uomo e un uomo vi pare un gigante. Tutto è piccino, compassato, leccato, tinto, contraffatto, snaturato, fanciullesco. Sulle prime vi vien da ridere; poi vi piglia la stizza pensando che gli abitanti di quel villaggio crederanno che voi lo troviate bello; quella caricatura vi riesce odiosa; dareste di scimunito a tutti i padroni di casa; vorreste persuaderli che il loro famoso Broek è un insulto all’arte e alla natura, e ch’essi non hanno nè buon gusto nè buon senso. Ma quando vi siete ben sfogati a invettive, tornate a ridere, e il riso finisce per prevalere.

Dopo aver girato un po’ senza incontrare nes-