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ligione cattolica; mandare ogni anno al Re di Francia una medaglia d’oro, nella quale sia scritto che l’Olanda deve la sua libertà a Luigi XIV; e accettare le condizioni imposte dal Re d’Inghilterra e dai principi di Münster e di Colonia. — La notizia di queste oltraggiose e insopportabili pretese fa scoppiare in Amsterdam il furore della disperazione. Gli Stati Generali, il patriziato e il popolo risolvono di difendersi fino agli estremi. Si rompono le dighe di Muiden che contengono le acque del mare, e il mare irrompe nelle terre lungamente vietate, salutato con grida di gioia come un alleato e un salvatore; la campagna d’Amsterdam, le ville innumerevoli, i villaggi fiorenti, Delft, Leida, tutte le città vicine sono inondate; tutto è cangiato; Amsterdam è una fortezza circondata dal mare e difesa da un baluardo di vascelli; l’Olanda non è più uno Stato, è una flotta, che quando ogni altra speranza di salvezza sarà perduta, porterà le ricchezze, i magistrati e l’onor della patria nei porti remoti delle Colonie. Addio cavalieri impennacchiati, artiglierie formidabili, stati maggiori pomposi, trionfi da teatro! L’ammiraglio Ruyter sgomina le flotte d’Inghilterra e di Francia, assicura le coste dell’Olanda e introduce la flotta mercantile delle Indie nel porto dell’isola di Texel; il principe d’Orange sacrifica le sue ricchezze allo Stato, inonda altre terre, scuote la Spagna, muove il Governatore di Fiandra che gli manda dei reggimenti, guadagna l’animo dell’Imperatore di Germania, che spedisce in suo soccorso il Montecuccoli