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UTRECHT. 327

molti anni sono non v’era che un’entrata, che si chiudeva durante la notte come la porta d’una fortezza, languisce la dottrina decrepita di Giansenio e sonnecchiano i suoi ultimi devoti. Oggi ancora, ogni nuova nomina di vescovo è regolarmente annunziata al Pontefice, che risponde regolarmente con una bolla di scomunica, la quale vien letta dal pulpito e poi sepolta e dimenticata. Così questo piccolo Port-Royal, che sente già il freddo e la solitudine della tomba, prolunga ancora la sua ultima resistenza contro la morte.

Di istituzioni notevoli Utrecht non ha che la zecca e la scuola pei medici militari del regno e delle colonie. Le antiche fabbriche di quel bellissimo velluto, che fu per tanto tempo famoso in Europa, sono scomparse. Fuor che la Cattedrale, nessun monumento. Il palazzo municipale, che conserva qualche vecchia chiave e qualche vecchio stendardo, e la tavola su cui venne firmata la pace d’Utrecht, non è che un edifizio del 1830. Il palazzo reale, che non vidi, dev’essere il più modesto de’ palazzi reali, poichè i ciceroni olandesi, che non dimenticano nulla, non mi ci hanno trascinato.

Ma questo palazzo, se la tradizione non è bugiarda, fu testimonio di una comica avventura seguita a Napoleone il Grande. Durante il suo brevissimo soggiorno in Utrecht egli occupò la camera da letto di suo fratello Luigi, ch’era attigua alla stanza da bagno. Si sa che, dovunque andasse, conduceva con sè un servitore, il quale aveva l’esclusivo