Pagina:Olanda.djvu/333


AMSTERDAM. 321

pompe e schizzetti lavano dalla strada gli usci delle case, le finestre del primo piano e i panni di chi passa. La sera poi, c’è la strada chiamata Kalverstraat, fiancheggiata da due file di botteghe splendide e di caffè metà illuminati e metà immersi nelle tenebre, nella quale sino a notte tarda formicola una folla fitta e lenta di gente piena di birra e di quattrini, mista a certi fassimili di cocottes impettite e affagottate, che non guardano, non ridono, non parlano, e vanno a tre e a quattro insieme, come se meditassero delle aggressioni. Dalle strade illuminate e affollate si riesce con pochi passi lungo i canali oscuri, fra i bastimenti immobili, in mezzo a un silenzio profondo. Di qui, passando sur un ponte, si arriva in un quartiere del popolo minuto, dove si vedono scintillare i lumi delle botteghe sotterranee, e si sente la musica dei balli dei marinai; e così si cangia ogni momento di spettacolo e di pensieri, con buona pace di Napoleone I.

Tale è questa città famosa, la storia della quale non è meno strana che la sua forma e il suo aspetto. Un povero villaggio di pescatori di cui è ancora ignoto il nome sulla fine del secolo decimoprimo, diventa nel secolo decimosesto l’emporio dei grani di tutta l’Europa settentrionale, spopola i porti fiorenti del mare di Zuiderzee, raccoglie nelle sue mani il commercio di Venezia, di Siviglia, di Lisbona, d’Anversa, di Bruges, attira negozianti di tutti i paesi, ricetta proscritti di tutte le religioni, si risol-