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AMSTERDAM. | 315 |
chiaroscuro, per l’espressione delle figure. per forza di colorito, per esuberanza di vita: preferito da qualcuno alla Ronda. Del Van der Helst v’è un altro quadro, I sindaci della confraternita di san Sebastiano ad Amsterdam, nel quale risplendono pure, benché meno vivamente che nel Banchetto, tutte le meravigliose facoltà del grande maestro.
Lo Steen ci ha otto quadri, fra i quali il suo ritratto, che lo rappresenta giovane, bello, lungochiomato, e con un’aria quieta e meditabonda, che par che dica: — No, stranieri, non fui un dissipato, non fui un ubbriacone, non fui un cattivo marito: fui calunniato; rispettate la mia memoria. — I soggetti dei suoi quadri sono una fantesca che pulisce una pentola, una famiglia di contadini che torna a casa in barca, un fornaio che fa il pane, una scena di famiglia, uno sposalizio di villaggio, una festa di ragazzi, un ciarlatano in una piazza; tutti coi soliti ubbriachi, le solite risatacce, le solite figure grottesche mirabilmente colorite e lumeggiate. Nel quadro del Ciarlatano sopratutto la sua mania del grottesco raggiunge l’ultimo segno. Le teste sono deformi, i volti son musi, i nasi son becchi, le schiene son groppe, le mani son zampe, gli atteggiamenti sono contorsioni, le risa sono smorfie di maschere; sono personaggi, infine, dei quali non si può trovare un’immagine che dentro i vasi dei gabinetti anatomici o nelle caricature animalesche del Grandville. È impossibile trattenere le risa; ma si ride come dovevan ridere gli spettatori di