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AMSTERDAM. 291

terattesi aprissero, la città d’Amsterdam, centinaia di villaggi, tutto l’antico lago, una distesa di terra di cinquanta chilometri sarebbe invasa e devastata dalle acque. Il prosciugamento del lago d’Haarlem ha scemato questo pericolo; ma non l’ha tolto; e però ad Halfweg è stabilita una direzione speciale della così detta amministrazione delle acque, che custodisce quelle termopili dell’Olanda, coll’occhio sul nemico e la mano sull’armi.

Passata la stazione di Halfweg, si vede a sinistra, di là dal golfo dell’Y, un movimento confuso come di migliaia d’alberi di bastimenti sbattuti dalla tempesta, che si tuffino e si rituffino nel mare; e sono le braccia di centinaia di mulini a vento mezzo nascosti dalle dighe, i quali si stendono lungo la riva della Nord-Olanda, nei dintorni della città di Zandam, in faccia ad Amsterdam. Poco dopo, apparisce Amsterdam. Al primo aspetto di questa città, anche dopo aver visto tutte le altre dell’Olanda, non si può trattenere un movimento di meraviglia. È una foresta di altissimi mulini a vento della forma di torrioni, di campanili, di fari, di piramidi, di coni tronchi, di case aeree, che agitano da tutte le parti le loro enormi braccia incrociate, e formano al disopra dei tetti e delle cupole un roteamento immenso come d’un nuvolo d’uccelli mostruosi che battan le ali sulla città. In mezzo a questi mulini, s’alzano innumerevoli torricciuole d’officine, alberi di bastimento, campanili di architettura fantastica, cime di edifizi bizzarri, pinacoli, punte, forme sconosciute; più lon-