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HAARLEM. 279

bile di colpi di cannone, di grida di feriti e di fanfare vittoriose che s’allontanano di valle in valle fin che si perdono di là dai monti; e allora s’alza un’armonia tranquilla di flauti, di chiavine e di canti pastorali, che infondono nel cuore tutta la dolcezza della vita dei campi; quando tutt’a un tratto scoppia la folgore, si scatena l’uragano, treman le fondamenta della chiesa; e poi la tempesta s’acqueta a poco a poco al suono d’un canto tremolo e solenne d’una legione d’angeli che arriva lentamente da una sterminata lontananza, e si sparpaglia nelle nuvole bestemmiata da un esercito di demoni muggenti nelle profondità della terra. E infine un’arietta della Fille de madame Angot, la quale dice che tutto è stato uno scherzo e che l’organista si raccomanda alla cortesia degli stranieri.

Dalla sommità del campanile si abbraccia collo sguardo tutta la bella campagna di Haarlem, sparsa di boschetti, di mulini a vento e di villaggi; si vedono i due grandi canali che vanno a Leida e ad Amsterdam, solcati da lunghe file di barconi a vela; si scorgono i campanili d’Amsterdam, le praterie dell’antico lago d’Haarlem, il villaggio di Bloemendaal, circondato di villette e di giardini; le dune brulle che difendono dalle tempeste questo piccolo paradiso terrestre; e di là dalle dune, il Mare del Nord che appare come una striscia livida e luminosa a traverso i vapori dell’orizzonte. Uscito dalla chiesa, infilai una strada e girai per la città alla ventura.