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volta. Un braccio, con un nome d’accatto, si va a versare nel golfo di Zuiderzee; l’altro, chiamato ancora per commiserazione il Basso Reno, va fino al villaggio di Durstede, dove si divide per la terza volta: umiliazione ormai vecchia. L’un dei rami, cangiando nome anch’esso come un fuggiasco, va a gettarsi nella Mosa vicino a Rotterdam; l’altro, chiamato ancora Reno, ma col ridicolo soprannome di curvo, giunge faticosamente ad Utrecht, dove per la quarta volta si divide in due: capriccio di vecchio rimbambito. Da una parte, rinnegando il nome antico, si strascina fino a Muiden, dove sbocca nel Zuiderzee; dall’altra, col nome di Vecchio Reno, anzi, per maggior spregio, di Vecchio, va lentamente fino alla città di Leida, della quale attraversa le strade senza dar quasi indizio di movimento, e si riunisce in un sol canale per andar a morire miseramente nel Mare del Nord.

Ma non sono molti anni che nemmeno questa compassionevole fine non gli era concessa. Dall’anno 839, nel quale una furiosa tempesta aveva accumulato alla sua foce dei monti di sabbia, fino al principio di questo secolo, il Vecchio Reno si perdeva nelle sabbie prima di giungere al mare, e copriva di stagni e di paludi un vastissimo tratto di paese. Sotto il regno di Luigi Bonaparte le acque furono raccolte in un grande canale protetto da tre enormi cateratte, e d’allora in poi il Reno va diritto alla foce. Queste cateratte sono il più grandioso monumento dell’Olanda, e forse la più mirabile opera idraulica del-