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260 | LEIDA. |
danoil pericolo d’un’immensa sventura che corse l’Olanda verso la metà del secolo passato. Un mollusco, una specie di tarlo, chiamato taret, portato, si crede, da qualche bastimento reduce dai mari tropicali, e moltiplicatosi con meravigliosa rapidità nelle acque del nord, aveva corroso i legnami delle dighe e delle cateratte a tal segno, che per poco fosse continuato quel lavoro di distruzione, gli argini si sarebbero sfasciati e il mare avrebbe sommerso tutto il paese. La scoperta di questo pericolo gettò lo spavento nell’Olanda, il popolo accorse alle chiese, il paese intero si mise all’opera; si rivestirono di rame i battenti delle cateratte, si fortificarono le dighe pericolanti, si difesero le palafitte con chiodi, con pietre, con alghe, con muratura; e in parte con questi mezzi, ma specialmente grazie al rigore del clima che distrusse il terribile animale, la sventura creduta sulle prime irreparabile fu scongiurata. Un verme aveva fatto tremare l’Olanda: arduo trionfo, negato alle tempeste dell’oceano e alle ire di Filippo.
Un altro ornamento preziosissimo di Leida è il Museo Giapponese del dottor Siebold, tedesco di nascita, medico della Colonia olandese dell’isola di Decima; il quale, secondo narra una tradizione romanzesca, ottenne per il primo dall’imperatore del Giappone di entrare in quel misterioso impero, in ricompensa dell’avergli guarito una figliuola; o secondo un’altra tradizione più credibile, entrò in