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incolti e declamatori, non recitano per lo più che drammi o commedie tedesche o francesi, male tradotte, che l’alta società non va a sentire. Scrittori olandesi di molto ingegno, come l’Hofdijk, lo Schimmel, lo stesso Van Lennep, scrissero commedie per molti lati pregevoli; ma che non piacquero abbastanza per rimaner vive sulle scene. La tragedia non è in migliori condizioni della commedia o del dramma.

Da quanto ho detto, parrebbe che in Olanda non ci dovess’essere un grande movimento letterario; e c’è invece grandissimo. È incredibile la quantità di libri che si pubblicano ed è meravigliosa l’avidità con cui sono letti. Ogni città, ogni sètta religiosa, ogni consorteria ha la sua rivista o la sua gazzetta. Oltre a questo, una colluvie di libri stranieri; i romanzi inglesi, in mano di tutti; opere francesi di otto, dieci, venti volumi, tradotti nella lingua nazionale, cosa mirabile in un paese dove tutte le persone colte le possono leggere nell’originale, e che prova quanto vi sia l’uso, non solo di leggere, ma di comprare, nonostante che i libri siano assai più cari in Olanda che in altri paesi. Ma è appunto questa sovrabbondanza di pubblicazioni e questa furia di leggere che nuoce alla letteratura. Gli scrittori, per soddisfare l’impaziente curiosità del pubblico, tiran via, e la mania delle letture straniere soffoca e corrompe il genio nazionale. Malgrado ciò, la letteratura olandese ha ancora un grande titolo alla benemerenza della patria: è caduta, ma