Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
232 | L'AJA. |
solo grande filosofo della sua patria; o considerare come letteratura olandese le dimenticate opere latine di Erasmo di Rotterdam. Eppure se v’è un paese a cui la natura e gli avvenimenti abbiano offerto soggetti atti ad ispirare agl’ingegni qualcuna di quelle opere poetiche che colpiscono l’immaginazione di tutti i popoli, quel paese è l’Olanda. Le meravigliose trasformazioni del suolo, le inondazioni immense, le favolose spedizioni marittime, dovevano generare una poesia originale e potente anche se spogliata delle sue forme native. Perchè ciò non avvenne? Si possono addurre come ragioni l’indole dell’ingegno olandese, che mirando in ogni cosa all’utile, volle troppo spesso piegare anche la letteratura a uno scopo pratico; una tendenza opposta a questa, e forse derivata da questa, a sorvolare troppo al di sopra della natura umana, per non rasentare la terra coi più; una certa naturale circospezione d’ingegno, che diede alla ragione una soverchia prevalenza sulla fantasia; l’amore innato dell’esatto e del finito, che produsse una prolissità in cui si stemprarono le grandi idee; lo spirito di sètta religiosa, il quale vincolò in un cerchio angusto ingegni che eran nati a spaziare sur un vasto orizzonte. Ma nè queste nè altre ragioni fanno sì che non rechi meraviglia il non esserci in tutta la letteratura olandese uno scrittore il quale rappresenti degnamente al cospetto del mondo la grandezza della sua patria; un nome da porre in mezzo a quelli del Rembrandt e dello Spinoza.