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scrisse che gli Olandesi ispirano una stima che non può giungere fino all’affetto. Forse egli non li stimava abbastanza.

Non nascondo che fra le cagioni della mia simpatia v’è quella d’aver trovato che l’Italia è assai più conosciuta in Olanda ch’io non osassi sperare. Non solamente la rivoluzione d’Italia vi ebbe un eco favorevole, com’è di ragione che accadesse presso un popolo indipendente, libero e ostile al Papato; ma gli uomini e gli avvenimenti italiani degli ultimi tempi, non vi son meno conosciuti che quei di Francia e di Germania. Le principali gazzette, che hanno un corrispondente fra noi, ragguagliano minutamente il paese intorno alle cose nostre. Si vedono in molti luoghi ritratti dei nostri più illustri concittadini. Nè è minore della conoscenza politica la letteraria. Lasciando stare che la lingua italiana si cantava nelle Corti degli antichi conti d’Olanda, che nel bel secolo della letteratura olandese era in grande onore presso i letterati, e che parecchi dei più illustri poeti di quel tempo scrissero lettere e versi italiani o imitarono la nostra poesia pastorale; la lingua italiana si studia ancora da molti oggigiorno, e non è raro il trovare chi la parla, e men raro ancora il veder libri nostri sul tavolino delle signore. La Divina Commedia, che venne in voga particolarmente dopo il 1830, ha due traduzioni, tutt’e due in terzine rimate, una delle quali è opera d’un Hacke van Mijnden, che consa-