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220 L'AJA.

chierino di ginepro prima di desinare e ci tornano dopo a pigliare il caffè, e a confortarsi lo stomaco con un altro sorsetto del liquore favorito. Quasi tutti parlano, e pure non si sente che un leggero mormorio, in modo che a occhi chiusi, si direbbe che c’è appena un terzo della gente. Si può fare mille giri per la sala, senza veder fare un gesto concitato, e senza udire una parola un po’ più forte delle altre. A dieci passi di distanza dai crocchi, non ci s’accorge che parlano fuorchè dal movimento delle labbra. Si vedono molti uomini corpulenti, con larghi visi senza baffi, e la barba intorno al collo, che discorrono senza alzar gli occhi dal tavolino, e senza staccar la mano dal bicchiere. Rarissimamente si scopre in mezzo a tutti quei faccioni, una fisonomia viva ed arguta come quella di Erasmo, che pure molti considerano come il vero tipo olandese, e a me pare che non sia.

L’amico che mi aperse le porte del club, mi fece conoscere parecchi soci. La diversità fra il carattere olandese e il nostro si avverte particolarmente nelle presentazioni. Più d’una volta, vedendo la persona a cui ero presentato, fare appena un cenno col capo e poi rimanere muta parecchi minuti, pensai che il mio riverito viso non le fosse andato a genio, e mi sentii nel cuore un eco di cordiale antipatia. Di là a poco, il presentatore se n’andava, lasciandomi a quattr’occhi col mio nemico. — Ora, — pensavo io, — voglio schiattare se gli dico una parola. — Ma il mio vicino, dopo qualche momento di silenzio mi di-