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L'AJA. 189

guardano con aspetto sinistro, come tre nemici implacabili, e sembra, a contemplare quello spettacolo, che sia imminente qualche grande sconvolgimento della natura.

Il villaggio di Scheveningen è posto sulle dune, che lo difendono dal mare, e lo nascondono in modo che, a guardar dalla spiaggia, non si vede che il campanile a pan di zucchero della chiesa, ritto come un obelisco in mezzo alle sabbie. Il villaggio è diviso in due parti. L’una è composta di casette eleganti, di tutte le forme e di tutti i colori olandesi, fatte ad uso degli stranieri, con l’appigionasi scritto in diverse lingue; l’altra parte, nella quale abita la popolazione indigena, è tutta casupole nere, stradette, recessi dove gli stranieri non mettono mai piede.

La popolazione di Scheveningen, che conta poche migliaia di anime, è quasi tutta composta di pescatori, la maggior parte poverissimi. Il villaggio è ancora una delle stazioni principali della pesca dell’aringa, di quel pesce celeberrimo cui l’Olanda deve la sua ricchezza e la sua potenza; ma i frutti di quest’industria vanno agli armatori dei bastimenti da pesca, e gli uomini di Scheveningen, arrolati come marinai, guadagnano appena di che vivere. Sulla spiaggia, davanti al villaggio, si vedon sempre parecchi di quei battelli larghi, robusti, con un albero solo, e una grande vela quadrata, schierati l’uno accanto all’altro sulla sabbia, come le galere dei greci sulla riva di Troia, per essere al sicuro dai colpi di vento. La flottiglia per la pesca