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180 | L'AJA. |
fece questo quadro, il quale appartiene perciò alla sua prima maniera, nella quale non si vede ancora la foga, l’audacia, la sovrana sicurezza del proprio genio, che sfolgora nei lavori della sua età matura; ma v’è già tutta quell’immensa potenza illuminatrice, quell’arte meravigliosa del chiaroscuro, quella affascinante magía dei contrasti, che è il tratto più originale del suo genio.
Per quanto si sia profani all’arte, e s’abbia fatto il proponimento di non peccar più di soverchio entusiasmo, quando s’è dinanzi a Rembrandt van Rhijn, non si può a meno d’alzare un po’, come dicon gli Spagnuoli, la chiavica dello stile. Il Rembrandt esercita un prestigio particolare. Frate Angelico è un santo, Michelangelo è un gigante, Raffaello è un angelo, il Tiziano è un principe: il Rembrandt è uno spettro. Come chiamar diversamente questo figlio d’un mugnaio, nato in un mulino a vento, che salta su inaspettato, senza maestri, senza esempi, senza alcuna derivazione di scuola; diventa un pittore universale, abbraccia tutti gli aspetti della vita, dipinge figure, paesaggi, marine, animali, i santi del paradiso, i patriarchi, gli eroi, i monaci, la ricchezza e la miseria, la deformità e la decrepitezza, il ghetto, la taverna, l’ospedale, la morte; fa insomma una rivista del cielo e della terra e avvolge ogni cosa in una luce arcana che sembra scaturita dal suo capo; ed è nello stesso tempo grandioso e minuzioso, idealista e realista, pittore e incisore; che trasfigura tutto e non dissimula nulla, che cangia gli uomini