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L'AJA. 173

sibile e celebrato colla poesia dei colori l’amore attento, delicato, quasi materno, che nutre per essi il popolo agricolo dell’Olanda. S’è servito degli animali come d’interpreti per rivelare la poesia della vita rustica. Ha espresso con essi il silenzio e la pace dei campi, il piacere della solitudine, la dolcezza del riposo e la soddisfazione del lavoro tranquillo. Si direbbe ch’egli era riuscito a farsi capire da loro e a ottenere che s’atteggiassero espressamente per essere copiati. Ha saputo dar loro tutta la varietà e l’attrazione di personaggi. La tristezza, la quiete contenta che segue la soddisfazione dei bisogni, il sentimento della salute e della forza, l’amore e la riconoscenza per l’uomo, tutti i barlumi d’intelligenza e gli embrioni d’affetti, tutte le varietà di carattere, li ha afferrati e significati con fedeltà amorosa, ed è riuscito a trasfondere negli altri il sentimento che l’animava. Guardando i suoi quadri, ci si sente risvegliare a poco a poco non so che istinto primitivo di vita pastorale, un certo desiderio innocente di mungere, di tosare, di lavorare con quegli animali benefici, pazienti e belli, che rallegrano l’occhio ed il cuore. Paolo Potter, in quest’arte, s’è innalzato su tutti. Il Berghem è più fine, ma egli è più naturale; il Van de Velde ha più grazia, ma egli ha più energia; il Du Jardin è più amabile, ma egli è più profondo.

E pensare che l’architetto, che fu poi suo suocero, non voleva da principio accordargli la figliuola perchè non era che un pittore di bestie; e che il suo