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è una conseguenza della libertà e dell’eguaglianza delle classi, che ha reso più duro il servire e più esigente chi serve? è un effetto del rilassamento dei costumi e della disciplina pubblica, che si fa sentire anche in cucina? Comunque sia, il fatto è che io pure in casa mia sento battere eternamente quel chiodo, tanto che un giorno, prima di partire per la Spagna, dissi a mia madre: “Guarda, se qualche cosa, a Madrid, potrà consolarmi della lontananza della famiglia, sarà il non sentir più toccare quest’odioso argomento.” Arrivo a Madrid, entro in una Casa de Huespedes, la prima cosa che mi dice la padrona è che ha cambiato tre serve in un mese, che è una disperazione, che non si sa più a che santo voltarsi; e così ogni giorno, per tutto il tempo che stetti là, una lamentazione infinita. Tornai a casa, raccontai la cosa, si rise, e mia madre concludette che quella doveva essere una piaga di tutti i paesi. “No,” io dissi, “nei paesi del Nord non dev’essere così.” — “Vedrai e me ne darai notizie,” mi rispose mia madre. Vado a Parigi, e alla prima signora che conosco, domando: “Le serve sono anche qui come in Italia e in Spagna l’eterno tormento delle signore?” “Ah! mon cher monsieur” mi risponde giungendo le mani e alzando gli occhi al cielo; “ne me parlez pas de ça!” E lì una lunga storia di lotte, di espulsioni, di guai. Scrivo la cosa a mia madre, ed essa mi risponde: “Vedremo Londra.” Vado a Londra, entro in conversazione con una signora inglese a bordo del bastimento che