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134 | DELFT. |
questo campanile fu rinchiuso il Gerard la notte che seguì l’assassinio.
A Rotterdam m’avevan dato una lettera per un cittadino di Delft, colla quale lo pregavano di farmi vedere la sua casa. «Egli desidera» diceva la lettera «di penetrare i misteri d’una vecchia casa olandese: sollevategli per un momento la cortina del santuario.» Non mi fu difficile di trovar la casa, e appena la vidi, dissi tra me: — È il fatto mio!
Era una casetta all’estremità d’una strada che finiva nella campagna, d’un sol piano, rossa, colla facciata a collo, posta quasi sull’orlo d’un canale, e un po’ inclinata innanzi come per specchiarsi nell’acqua, con un bel tiglio davanti che si allargava sulle finestre come un grande ventaglio; e un ponte levatoio in dirittura della porta. V'eran le tendine bianche, la porta verde, i fiori, gli specchietti; era un modellino di casa olandese.
La strada era deserta; prima di picchiare alla porta, stetti un po’ a guardare e a pensare. Quella casa mi faceva capire l’Olanda meglio di tutti i libri che avevo letti. Era insieme l’espressione e la ragione dell’amor della famiglia, dei desiderii modesti, dell’indole indipendente del popolo olandese. Nei nostri paesi non c’è la vera casa; non ci sono che scompartimenti di caserme, abitazioni astratte, che non han nulla di nostro, nelle quali viviamo nascosti, ma non soli, udendo mille rumori di gente estranea, che turba i nostri dolori coll’eco