Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
DELFT. | 131 |
Il giorno dopo fu eseguita la sentenza. Gli apparecchi del supplizio furono fatti sotto i suoi occhi: egli li guardò con indifferenza. L’aiutante del carnefice cominciò per spezzare a colpi di martello la
pistola, strumento del delitto. Al primo colpo, la
testa del martello cadde e ferì nell'orecchio un altro
aiutante: il popolo rise, il Gerard rise pure. Quando
salì sul patibolo il suo corpo era già orribile a vedersi.
Mentre la sua mano crepitava e fumava nel
tubo rovente, stette muto; mentre le tanaglie infocate
gli laceravano le carni, non gettò un grido;
quando il coltello gli penetrò nelle viscere, chinò la
testa, e mormorando qualche parola incomprensibile,
spirò.
La notizia della morte del principe d’Orange aveva sparso nel paese una costernazione immensa. Il suo corpo fu esposto per un mese sur un letto funebre, intorno al quale il popolo accorse a inginocchiarsi ed a piangere. I suoi funerali furon degni d’un re: v’intervennero gli Stati Generali delle provincie unite, il Consiglio di Stato, gli Stati d’Olanda, i magistrati, i ministri della religione, i principi della casa di Nassau; dodici gentiluomini portavano la bara; quattro gran signori tenevano i cordoni del panno mortuario; seguiva il cavallo del principe, splendidamente bardato, condotto dal suo scudiero; e si vedeva, in mezzo al corteo dei conti e dei baroni, un giovane di diciott’anni, che doveva raccogliere la gloriosa eredità del defunto, umiliare gli eserciti spagnuoli, e costringere la Spagna a chieder tregua, e a riconoscere l’in-