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DELFT. | 129 |
Era nato a Vuillafans, nella contea di Borgogna, aveva studiato leggi presso un procuratore di Dôle, e là aveva manifestato per la prima volta il suo desiderio d’uccidere Guglielmo, configgendo una
daga in una porta e dicendo: "Così vorrei piantare
un pugnale nel petto del principe d’Orange!"
Tre anni dopo, intesa la notizia del bando di Filippo
II, era andato, col disegno dell’assassinio, a
Lussemburgo, dove l’aveva arrestato la falsa notizia
della morte di Guglielmo corsa dopo l’attentato
dell’Jaureguy. Poco dopo, saputo che il principe
viveva ancora, aveva ripreso il suo disegno, ed era
andato a Malines per chieder consigli ai gesuiti, i
quali l’avevano incoraggiato promettendogli che, se
fosse morto nell’impresa, sarebbe stato assunto alla
gloria dei martiri. Allora era andato a Tournai,
s’era presentato ad Alessandro Farnese, aveva ricevuto
una conferma delle promesse del re Filippo,
era stato approvato e incoraggiato dai confidenti del
principe e dai ministri di Dio, s’era fortificato colla
lettura della Bibbia, coi digiuni, colle preghiere, e
così preso da un’esaltazione divina, sognando gli
angeli e il paradiso, era partito per Delft e aveva
compiuto «il suo dovere di buon cattolico e di suddito fedele.»
Ripetè più volte le sue confessioni ai giudici; non pronunziò una parola di rammarico o di pentimento; si vantò anzi del suo delitto; disse ch’era un nuovo Davide che aveva atterrato un nuovo Golia; dichiarò che se non avesse ancora ucciso il prin-