dei secondi onori, non importa: rimangono impressi, fitti, immobili nella nostra mente per tutta la vita. Dopo aver visto i suoi quadri, non è più possibile vedere un ubriaco, un buffone, uno sciancato, un mostriciattolo, una faccia deforme, una smorfia ridicola, un atteggiamento grottesco, senza ricordarsi di qualcuna delle sue figure. Tutte le gradazioni, tutte le goffaggini dell’ubriachezza, tutto quello che v’è di grossolano e di sguaiato nell’orgia, la frenesia dei piaceri più bassi, il cinismo del vizio più volgare, le buffonate della canaglia più sfrenata, tutte le più bestiali emozioni, tutti gli aspetti più ignobili della vita della bettola e del trivio, ei li ha ritratti colla brutalità e l’insolenza d’un uomo senza scrupoli, e con una forza comica, una foga, una, direi quasi, ebbrezza d’ispirazione, che non si può esprimer con parole. Furon scritti su di lui molti volumi, e pronunziati giudizi molto diversi. I suoi più caldi ammiratori gli hanno attribuito un’intenzione morale: lo scopo di far prender in odio la crapula dipingendola, come fece, con colori ributtanti, a somiglianza degli Spartani che mostravano gl’Iloti ubriachi ai figliuoli. Altri non videro in quella maniera di pittura che l’espressione spontanea e spensierata dell’indole e dei gusti dell’artista, che rappresentarono come un crapulone volgare. Comunque sia stato, è fuor di dubbio che negli effetti che produce, la pittura dello Steen si può considerare una satira del vizio; e in questo egli è superiore a quasi tutti gli altri artisti olandesi, che si ristrinsero a