cerie che corsero intorno alla loro condotta. Qualcuno s’arrischiò a dire che la maggior parte di esse ebbero dei gravi torti verso la pittura. A me pare che dei torti ce ne siano stati da una parte e dall’altra. Quanto al Rembrandt, si sa che il periodo più felice della sua vita fu quello che scorse fra il suo primo matrimonio e la morte di sua moglie, figlia d’un borgomastro di Leuwarde; la posterità deve dunque della gratitudine a sua moglie. Sappiamo che il Van der Helst sposò, già avanzato in età, una bella giovinetta sulla quale non ci fu nulla a ridire; e la posterità deve ringraziare anche lei che rallegrò la vecchiaia di quel grande artista. Non si può parlare di tutte negli stessi termini, è vero. Delle due mogli dello Steen, per esempio, la prima era una testa leggiera, che gli lasciò andare a male la birreria che aveva ereditata da suo padre a Delft, e la seconda, per quel che si dice, gli fu infedele. La seconda moglie dell’Heemskerk era una scroccona, tanto che il marito doveva andare attorno a domandar scusa delle sue malefatte. La moglie dell’Hondekoeter era una donna bizzarra e molesta, che lo costringeva a passar la sera nelle taverne per liberarsi dalla sua compagnia. La moglie del Berghem era un’avara insaziabile, che lo svegliava bruscamente quando lo trovava addormentato sui suoi pennelli, perchè lavorasse e guadagnasse, e il pover uomo era costretto a farle dei sotterfugi, quando riscuoteva i denari dei suoi quadri, per potersi comprare delle stampe. Per contro, non si fini-