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88 | rotterdam. |
piano, uniforme e grigio come l’Olanda, s’ha bisogno di colori, come in un paese meridionale s’ha bisogno dell’ombra. Gli artisti olandesi non fecero che andar dietro al gusto imperioso del loro popolo, che tinse di colori vivissimi le case, i bastimenti, in alcuni luoghi i tronchi degli alberi, le palafitte, gli stecconati della campagna; che si veste, che si vestiva molto più allora di colori allegri; che ama i tulipani e i giacinti fino alla pazzia. E così tutti i pittori olandesi furon coloristi potenti, Rembrandt il primo.
Il realismo, favorito dal carattere olandese calmo e lento, che consente agli artisti di padroneggiare la propria foga, e aiutato dalla loro natura che mira all’esatto e rifugge dal fare le cose a mezzo, doveva dare alla pittura di quel popolo un altro tratto distintivo: la finitezza; e questa finitezza doveva esser condotta dagli Olandesi all’ultimo grado del possibile. Si dice con ragione che nei quadri olandesi si trova la prima qualità di quel popolo: la pazienza. Ogni cosa vi è rappresentata con la minutezza del dagherrotipo: i mobili con tutte le loro venature, le foglie con tutte le loro fibre, i tessuti con tutti i loro fili, le rappezzature con tutti i loro punti, gli animali con tutti i loro peli, i visi con tutte le loro rughe; ogni cosa finito con una precisione microscopica, da far credere che sia l’opera del pennello d’una fata, o che il pittore ci abbia perduto la vista e la ragione. Difetto, in fondo, piuttosto che pregio, poichè l’ufficio della pittura è di ritrarre non quello